Wednesday, February 25, 2009

Post 02 | Stampa/stampe


Pensandoci bene non c’è una rivista che leggo da anni, cio che compravo da adolescente non è diventato parte della mie letture da “adulta”. Sarò però sempre grata a Cioè per avermi insegnato il meraviglioso termine di petting (mai più letto altrove!).
Fino a qualche anno fa mi interessavano le riviste musicali, non ne perdevo quasi nessuna, poi da quando la musica è entrata nella mia vita “professionale” ho smesso di comprarle. Le sfoglio per lavoro e ammetto che mi basta questo. Se qualcuno di voi le legge mi capirà.
Andiamo al sodo, il settimanale che amo di piu, quello che aspetto in trepidante attesa il venerdi è "Internazionale". Lo leggo un po’ alla volta, mi impongo di non finirlo in due giorni, cerco, senza mai riuscirci, di farlo durare sino al giorno dell’uscita successiva. Lo leggo e sento di imparare cose nuove ad ogni pagina, di spendere bene il mio tempo, provando la rara sensazione di star facendo qualcosa di buono per me stessa.
Poi, come S anche io coltivo un lato più "chic", compro mensili di arredamento, e in questo S mi ha influenzato molto: Elle Decor, Marie Claire Mason, Hachette e AD i preferiti. Mio marito ha però il terrore che un giorno li possa esibire su un tavolino in vetro al centro del salotto vicino a un librone su Andy Warhol...Quindi il patto è di tenerli in libreria. Lo posso anche capire.
Poi ci sono gli inserti culturali dei quotidiani (Il Sole 24 ore, La Stampa, Il Manifesto), non sempre per la verità, ma quando non li leggo per un po’ mi viene nostalgia... E allora tornano ad allietare i miei sabati mattina, ad influenzare le scelte narrative del mese, e ad ingigantire una raccolta differenziata della carta che mi ha resa celebre nel condominio.
E i femminili? Ecco il punto dolente.
Quando ero piu piccola inorridivo anche solo al pensiero di comprare una rivista che parlasse di cose “di donne”, un senso di colpa misto a reale mancanza di interesse mi hanno tenuto lontana da queste letture per molti anni. Avevo l’impressione che fossero rivolte a lettrici troppo lontane da me e dalle mie amiche, da come eravamo e da come volevamo essere. Non mi interessavano e forse non avrei potuto accettare che mi interessassero. Inoltre ho sempre pensato che bisogna allenarsi, che bisogna stimolare il proprio cervello e la propria cultura, e non assecondare le inevitabili spinte all’inerzia che naturalemente esistono in tutti noi. Poi crescendo e divenendo forse più sicura di me, e meno “bacchettona” ho capito che avrei potuto/voluto apprezzare i benefici di certe riviste. Così diversi anni fa ho iniziato a leggere gli inserti del sabato della Repubblica e del Corriere, e adesso non passa sabato notte senza che mi ritrovi nel letto a leggere IO e D sino alle 5 di mattina, scoppiando a ridere quando arrivo al pezzo di Guia Soncini.
Più recentemente è arrivata la scoperta di Vanity Fair. Andando a Milano per lavoro, un giorno insieme ai quotidiani ho comprato il mio primo numero di Vanity Fair, l’ho letto tutto ed ho trovato diversi articoli ed interviste molto interessanti. Magari le pagine su creme, atolli polinesiani, moda e ricette di cucina etnica postmoderna non mi esaltano, ma tante altre parti mi piacciono e molte firme le leggo anche altrove. Ho capito sopratutto che quello che mi piace di una rivista come Vanity è la capacita di trasmetterti un senso di protezione, di calore, di solidarieta femminile anche stereotipato talvolta, ma che in certi periodi, in certi giorni, in certe ore fa bene allo spirito (un po’come la copertina di linus). Non mi viene sempre voglia di comprarlo, (anche se ad es i pezzi della Bignardi li leggo sempre sul suo blog) ma quando prendo il treno per milano, insieme ad Internazionale e al quotidiano sul mio tavolino adesso talvolta c’è anche Vanity Fair.

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